Pubblicato il: 2 Dicembre 2014
I capricci: a cosa servono?
Ciò che comunemente e, a mio parere, anche erroneamente, chiamiamo capriccio è un’affermazione del carattere e della progressiva indipendenza e autonomia del bambino.
A partire dal 2° anno di vita, infatti, il bambino comincia a sperimentare una sorta di ambivalenza, anche se inconsapevole: ambivalenza e oscillazione tra l’esigenza di accudimento e protezione tipici della relazione con la mamma e le sue figure principali di riferimento, e una forte spinta (evolutiva) verso una maggiore indipendenza, verso l’esplorazione del mondo circostante, verso l’avventura!
Una metafora interessante per raffigurarci questo processo è quella dell’elastico che si tende verso l’esterno (esplorazione, apprendimento), ma che torna indietro, nella posizione originaria (base sicura, protezione).Parliamo di caratteristiche necessarie e sane, per la crescita e il benessere del bambino.Il bambino è come pervaso da un forte desiderio di sperimentare, di sfidare il limite (ad esempio il divieto di fare qualcosa) e di superarlo (sanissimo!), possiede una maggiore autonomia cognitiva e competenza sociale, e si crede in grado di fare qualsiasi cosa: per questo chiede il riconoscimento di queste qualità, continuamente.
Quando si trova di fronte ad un divieto, ad un no (altrettanto sano e necessario!), il bambino avverte una frustrazione, un gap tra ciò che vorrebbe e ciò che può fare: è una frustrazione sana e necessaria affinché non venga a mancare il desiderio di scoperta, di apprendimento e di crescita così importanti nella vita.
Pensiamo ad un bambino che ottiene tutto, spesso ancor prima di chiedere qualcosa: si abitua a non dover chiedere, a non cercare con le proprie risorse di ottenere qualcosa, se pur semplice.Il bambino, di fronte al divieto o all’ostacolo protesta, e lo fa con tutta la forza di cui dispone: esprime rabbia (emozione fondamentale), e ciò lo aiuta a crescere in modo sano; impara che nella vita non tutto è concesso e scontato.Ecco perché ai genitori preoccupati per i continui capricci dei bambini si dice di non allarmarsi: paradossalmente è più bizzarro conoscere un bambino sempre calmo, tranquillo e ubbidiente!
- Osserviamo prima di tutto il contesto nel quale ci troviamo: cosa lo sta facendo arrabbiare? Dove ci troviamo? Quali sono le sue modalità di comportamento? In base a questo e a ciò che possiamo realisticamente fare, decidiamo di agire di conseguenza. Ad esempio, se fa una scenata al supermercato o in un parcheggio, e per noi non è sostenibile lasciarlo lì e aspettare che gli passi, non cambiamo posizione, non cediamo, ma portiamolo via gestendo in un secondo momento la cosa. Il bambino non può e non deve diventare il nostro tiranno!
- A seconda dell’età, valutiamo se possiamo spiegare al bambino cosa succede e il perché di un divieto o di una regola, ma non cediamo!
- Cerchiamo di non rimproverare il bambino nella sua persona, ma per il suo comportamentoche non approviamo; ad esempio, diciamogli “il tuo comportamento non mi piace”, anziché “tu non mi piaci quando fai così”.
- Riconosciamo al bambino la possibilità di arrabbiarsi e, anzi, stimoliamolo ad esplicitare i suoi vissuti e le sue emozioni, nell’ottica di un’educazione emozionale fondamentale per il futuro.