Pubblicato il: 11 Dicembre 2014
Molti bambini hanno usato il ciuccio e pian piano hanno deciso di loro spontanea volontà di non volerlo più, mentre molti altri hanno bisogno di essere supportati in questo percorso di abbandono.
Analizzando il ciuccio esclusivamente da un punto di vista psicologico, esso richiama la prima fase dello sviluppo psicosessuale infantile, secondo S.Freud, e definita “fase orale” che va dai 0 ai 18 mesi all’incirca. In questa fase è predominante l’istinto innato della suzione e l’unica modalità che il bambino ha per relazionarsi con il mondo esterno è attraverso la nutrizione sia dal seno materno che dal biberon, per cui la cavità orale e la bocca, attraverso la suzione, sono in grado di procurare piacere al bambino e aiuto per calmarsi e ad autoconsolarsi.
Per questi motivi i bambini hanno l’immediata pulsione di mettere in bocca qualsiasi oggetto gli capiti a disposizione. Esplorare le proprie mani e i propri piedi gli procura sempre una certa forma di piacere ed è anche un ottimo modo per imparare a conoscere il mondo che li circonda.
A livello psicologico, mettere un oggetto in bocca e succhiarlo richiama il gesto e il rituale dell’allattamento al seno o col biberon e risponde a un bisogno naturale, profondo, primordiale. Per questo è normale che la maggior parte dei bambini riescano a trovare nel ciuccio un piacere rassicurante in grado di placare le piccole sensazioni di malessere.
Il ciuccio viene considerato un aiuto psicologico per conciliare il sonno, scaricare la tensione, fare sentire sicuro il bambino e inoltre rappresenta un oggetto transizionale che lo aiuta a staccarsi gradualmente dalla madre per acquisire una maggiore autonomia nel tempo.
Dato che l’istinto della suzione è per il bambino un riflesso innato e rassicurante, si consiglia di non far sparire il ciuccio improvvisamente, per evitare di causargli angoscia e successive ripercussioni sul sonno, ma di coinvolgerlo in questo percorso.
Ritengo fondamentale che i genitori si sforzino di interpretare con attenzione i segnali del bambino per capire quali siano i momenti in cui il ciuccio possa servire per addormentarsi, per calmarsi, per tollerare l’indisponibilità della madre o per capire se ha realmente fame, perché in questo caso lo rifiuta. Il ciuccio non deve diventare una sorta di tappa bocca o essere onnipresente e non è bene darglielo ogni volta che piange. In questo modo gli si permetterebbe di imparare a tollerare la frustrazione del momento e il genitore non perde l’occasione per capire il significato della difficoltà che il bambino sta vivendo. L’uso ottimale del ciuccio dovrebbe limitarsi al momento del sonnellino pomeridiano e notturno e a situazioni di particolare disagio per il bambino.
Innanzitutto, quando si vuole iniziare questo processo di abbandono del ciuccio bisogna scegliere un periodo favorevole per il bambino ma anche per il resto della famiglia. Si sconsigliano fortemente periodi particolarmente stressanti, come l’inserimento all’asilo nido o alla scuola dell’infanzia, la nascita di un fratellino o sorellina, il cambio di abitazione, ecc. Tra i periodi solitamente con più tempo da dedicare ai bambini e meno stressanti ( anche se non è sempre così) ci sono le vacanze. Bisogna essere pazienti facendo in modo che sia il bambino a decidere che sta crescendo, quindi si deve evitare di stressarlo con critiche o rimproveri, altrimenti si rischia che si rifugi nel ciuccio per i sensi di colpa e per l’ansia.
Il ciuccio va conservato e disposto in un posto fisso, in modo da trovarlo velocemente al momento del bisogno. È bene non darlo al bambino prima del 1° mese di vita, perché potrebbe creare difficoltà con l’allattamento. Quando il bambino raggiungerà le prime autonomie imparerà a prenderlo da solo al momento della nanna a riporlo, all’interno di una scatolina o in altro posto deciso insieme, al risveglio.
Ad ogni modo intorno ai 2 anni e non oltre i 3 consiglio di togliere il ciuccio per non ostacolare lo sviluppo del linguaggio, ricordandosi sempre di abituare il bambino a toglierlo nei momenti di gioco e soprattutto per parlare.
La maggior parte dei bambini, se non abituati da principio a fare un uso corretto del ciuccio, potranno tenerlo in bocca anche tutto il giorno togliendolo solo per i pasti e le merende. Quindi le buone abitudini di utilizzare il ciuccio solo in alcuni momenti della giornata deve passare attraverso l’educazione dei genitori e nel caso il bambino frequenti l’asilo nido si può richiedere la collaborazione delle educatrici, per accompagnare sia il bambino che i genitori nel viaggio verso l’abbandono del ciuccio.
Sono convinta che la partecipazione attiva del bambino in questa scelta sia fondamentale, in quanto il bambino dovrà abbandonare una parte di sé molto importante che l’ha accompagnato nella crescita fino a quel momento. Aiutarlo gradualmente a staccarsene durante il giorno e poi successivamente anche la notte può certamente facilitarlo.
Per scegliere la modalità di abbandono del ciuccio che sia condivisa dal bambino si può pensare a cosa gli piace: ad esempio frequentare il porto e pensare di poter regalare il ciuccio ad una barca che prende il largo, o regalarlo a Babbo Natale o alla Befana, oppure legarlo ad un palloncino gonfiato e lasciarlo volare via oppure pensare a tante altre soluzioni da ideare insieme al bambino. Solo attraverso il dialogo e l’ascolto si sarà in grado di aiutare il bambino a scegliere la modalità più adatta a lui.
Bisogna sempre ricordare, durante questo percorso, di non umiliare mai i bambini dicendo più e più volte ad esempio “quando togliamo il ciuccio?” oppure “così grande hai ancora il ciuccio?”, frasi che associano alla suzione un senso di vergogna che non è per niente salutare soprattutto nella fase delicata del distacco.
Come sempre la pazienza dei genitori sarà d’aiuto per salutare il ciuccio insieme al bambino e far si che questo passaggio sia un cambiamento costruttivo di crescita per entrambi.
Ovviamente non c’è una ricetta unica che funziona, dato che ogni bambino è unico, come unica è la sua famiglia.